ecologia industriale

Economia circolare, ecologia industriale e utilizzo: come si può ridefinire lo sviluppo sostenibile

L’economia circolare sembra essere una nuova materia di studio, quando in realtà pone le sue radici nel passato.

Dobbiamo imparare a pensarla come un insieme di discipline e di approcci, non come un modello economico stabile e standardizzato, proprio perché la sua descrizione trina più utilizzata è interdisciplinare, quindi “obbligata” ad una continua evoluzione.

Tra le varie discipline si possono trovare:

  1. Economia ambientale, la quale vuole rispondere al problema della gestione delle risorse ambientali e delle esternalità ambientali;
  2. Economia ecologica, che collega l’ecosistema al sistema economico;
  3. Ecologia industriale, di cui parlerò nell’articolo;
  4. Biomimetica.

Queste sono le quattro principali che compongono il mondo dell’economia circolare; in questo articolo sarà sviluppata l’Ecologia industriale.

“L’ecologia è la disciplina scientifica che riguarda la relazione tra gli organismi ed il loro ambiente passato, presente e futuro” (Ecological Society of U.E).

Quadro di riferimento

L’ecologia industriale nasce come risposta ad una serie di input ben precisi (spreco all’interno del mondo industriale), quindi all’uso smodato e sfrenato di materiali e risorse con una grossa mancanza di una logica di riciclo, riuso e/o risparmio energetico.

E’ possibile fare una classificazione dei materiali semplice dividendoli in due grandi famiglie:

1.Biologico

Comprende tutti i prodotti quali materie prime, rifiuti, residui biologici che non sono tossici e sono rinnovabili.

Le principali lavorazioni sono: conversione biochimica, compostaggio, digestione anaerobica, recupero di  energia (waste to energy) e conferimento in discarica.

2. Tecnologico

Si parla quindi di minerali, metalli, polimeri, leghe che non sono per stessa natura biodegradabili e che appartengono a risorse finite di tipo durevole. Tutti quei componenti che devono essere pensati e progettati (ecodesign) per il riuso ed il riciclo.

Quindi: downcycling, upcycling, ricondizionamento e altro.

Si introduce anche il concetto di ecosistema che rappresenta l’insieme degli organismi viventi e non viventi che interagiscono in un determinato ambiente costituendo una situazione di autosufficienza.

Infine la biodiversità che è definita come la varietà degli organismi che popolano gli ecosistemi appena nominati.

(Ora si deduce molto facilmente l’importanza della tutela della biodiversità perché uno sbilanciamento da una parte o dall’altra mina il principio dell’autosufficienza).

Sistema industriale ed ecosistema naturale

Quesito: come funziona un ecosistema naturale?

Generalmente viene catturata una parte di raggi solari da organismi in grado di fare la fotosintesi clorofilliana e durante il ciclo di lavorazione si va a trasformare una sostanza inorganica in una sostanza organica che rappresenterà il nutrimento degli organismi eterotrofi.

Quali sono le principali differenze tra l’ecosistema naturale ed il sistema classico industriale?

  1. I materiali all’interno degli ecosistemi naturali viaggiano in cicli chiusi a differenza di quelli industriali che sono pensati e progettati in ottica lineare;
  2. Gli organismi (negli ecosistemi) hanno la capacità di concentrare CO2 a differenza dei sistemi industriali che diluiscono la concentrazione di CO2 liberando il potenziale inquinante;
  3. Gli ecosistemi si nutrono di materiali “fissi” e biologici (vedi definizione prima) a differenza dei sistemi industriali che si nutrono di materiali tecnologici (vedi definizione prima), quindi la principale problematica è l’input che viene dato ai sistemi industriali.

Ecologia industriale

I quattro principi alla base dell’ecologia industriale sono:

1.Rifiuti e sottoprodotti devono essere valorizzati

Iniziamo facendo una distinzione fondamentale tra scarto e rifiuto, in quanto lo scarto è naturale e rientra in modo circolare nel processo esistendo anche in natura sotto forma di degrado entropico.

D’altra parte il rifiuto è materiale inutilizzabile (forse) e inutilizzato non previsto negli ecosistemi naturali.

2. Perdite causate dalla dispersione

Si parla quindi di tutte le perdite causate dalla non-ottimizzazione delle filiere produttive, dalle perdite di energia alla perdita di materiale fino ad arrivare a quella di risorse umane.

3. Economia dematerializzata

L’obiettivo è la riduzione sostanziale dei flussi di materiali spostandosi verso una società dematerializzata, riducendo l’input ci si sposta così verso la sharing economy che trasforma la classica  prospettiva verticale di acquisizione ad una prospettiva orizzontale basata sulla condivisione.

La digitalizzazione all’interno di questo concetto è molto influente, basti pensare ai Big Data (tecnologia che abilita la diffusione dei processi di digitalizzazione tipo domotica, trasporti etc) non possiamo non vedere che (anche grazie al collegamente con IoT) designerà la digital/green economy trajectories.

4. Transizione energetica

Se ne parla sempre soprattutto negli ultimi anni dell’importanza di spostarsi da un consumo fossile ad un consumo rinnovabile delle fonti di energia, ed anche all’interno dell’ ecologia industriale è un principio fondamentale.

Contabilità Ambientale

Le tecniche più utilizzate sono:

  1. LCA
  2. Input-Output materiali
  3. Analisi dei flussi e tracciati ecologici
  4. Livelli di riciclaggio
  5. Analisi dell’energia usata
  6. Indice di sostenibilità del processo

Ma quindi cosa fare?

In questo articolo ci sarà una panoramica del Design For Environment (una declinazione del Design for X) e LCA.

All’interno dei criteri di progettazione le costanti sono:

  1. Analisi tecnica
  2. Progettare per facilitare
  3. Informare il cliente

Vediamo un flusso semplificato per concretizzare la metodologia:

  1. Scelta dei materiali:

in questa fase è necessario predisporre un’analisi dei materiali per fare in modo che abbiano un ciclo di vita dignitosamente lungo, minimizzare la concentrazione di sostanze tossiche ed incorporare materiali già riciclati e riciclabili.

2. Fase di produzione:

in primis bisogna ridurre la quantità di rifiuti, quindi tenere conto delle lavorazioni e ottimizzare il processo produttivo per evitare sprechi di risorse (dalle risorse energetiche alle risorse di materiali).

3. Fase di trasporto:

minimizzare il packaging e renderlo riciclabile in modo semplice al cliente è uno dei principali goal e si collega alla fase di facilità di utilizzo, riutilizzo (come smontaggio, sostituzione pezzi).

Questo tipo di progettazione aiuta a prevedere l’effettiva sostenibilità del prodotto da un punto di vista ambientale ed economico (con qualche micro-accorgimento anche sociale) lungo tutto il ciclo di vita, quindi non concentrandosi sull’output ma sugli input (questo è il reale cambio di prospettiva).

Un altro punto importante da tenere in considerazione è l’interdisciplinarità dell’argomento perché alla base c’è un pool di conoscenze ingegneristiche, fisiche, chimiche ed economiche.

Il collegamento più automatico che viene fatto dal DfE alla LCA (life-cycle assessment).

La LCA ci permette di misurare (quantitativamente e qualitativamente) in modo scientifico tutti gli impatti e gli effetti dei vari step del ciclo di vita di un prodotto o servizio.

Le fasi sono:

  1. Definizione degli obiettivi: in questa fase è necessario stabilire quali sono i goals, il sistema ed i suoi confini, l’unità funzionale (quindi la quantità di prodotto sotto analisi) e le categorie di impatto da analizzare.
  2. LCI: la fase dell’inventario consiste nel raccogliere tutti i dati quantitativi di input “spezzettando” il ciclo di vita (ingresso -> uscita);
  3. Valutazione: in questa fase bisogna rielaborare tutti i dati ottenuti all’interno delle categorie di impatto precedentemente scelte;
  4. Interpretazione: ora tutti i dati vanno interpretati e si tradurranno in interventi e miglioramenti da fare.

La combinazione di DfE ed LCA nella progettazione di un processo è molto vantaggiosa anche per il riconoscimento di etichette ambientale e/o ISO (ricordo la ISO 14040 su LCA).

Siamo arrivati alla fine dell’articolo, che non vuole essere una lezione sul DfE o LCA ma un invito allo studio dell’argomento.

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